Ricordo di don Giorgio Piovano
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«A 27 anni parlai con il cardinale arcivescovo Maurilio Fossati della mia scelta sacerdotale. "Ma lei fa bene nell’Azione Cattolica" mi disse. Era un signore e dava del “lei” a tutti. Mi fornì l'elenco dei professori del Seminario: "Dia gli esami da privatista e nel frattempo continui a fare il lavoro che fa". Insegnavo Filosofia. Di tanto in tanto davo un esame. Poi arrivò arcivescovo Michele Pellegrino che mi ordinò prete il 1° gennaio 1967 a 36 anni».
Don Giorgio Piovano, morto il 16 agosto 2020 a 90 anni, nasce a Torino il 16 giugno 1930. Figlio unico di famiglia operaia, frequenta la scuola elementare pubblica e poi la scuola media e il liceo dei Fratelli delle Scuole cristiane. Con il professor Augusto Guzzo si laurea in Filosofia a Torino con una tesi sulla teologia di Antonio Rosmini. Insegna Filosofia per tutta la vita nei licei di Torino e all’Istituto superiore di Scienze religiose.
L’altro suo grande amore è l’Azione Cattolica, nella quale entra da bambino. Delegato diocesano aspiranti e, successivamente, presidente della Giunta diocesana dove succede ad Aldo Morgando, prende posizione contro la linea integrista del presidente generale dell’Azione Cattolica, Luigi Gedda, «protetto» da Pio XII ma non da Giovanni XXIII che nel 1959 nomina presidente generale un altro torinese, il medico professor Agostino Maltarello. In quell’epoca (dal 1966) il prete giornalista Franco Peradotto è delegato diocesano e piemontese dell’Azione Cattolica.
Dopo l’ordinazione don Piovano è nominato da Pellegrino assistente dell’Azione Cattolica, ruolo che occupa per quasi trent’anni (1968-1994). Consigliere spirituale degli obiettori di coscienza della Caritas e dell’Équipes Nôtre Dame; assistente diocesano della Federazione italiana Universitari Cattolici-Fuci (1991-2002) e del Movimento ecclesiale di impegno culturale-Meic (2002-2010).
Migliaia e migliaia di ragazzi torinesi e subalpini hanno conosciuto nella loro adolescenza e giovinezza don Giorgio Piovano grazie alle «cinque giorni» della Casalpina di Mompellato, una vera istituzione della Gioventù italiana di Azione Cattolica-Giac torinese che, come in tutta Italia, raccoglie l’appello di Pio XII del 20 aprile 1946 «Salviamo il fanciullo» e decide di provvedere un soggiorno montano. Viene scelta la proposta della famiglia Visconti di Mondrone fatta da don Giovanni Barella, il mitico «don Ba», assistente dei ragazzi chiamati «aspiranti». La ricca famiglia milanese possiede un immobile in Borgata Nicolera di Mompellato a 1.200 metri, nel parco naturale provinciale del Colle del Lys in Valle di Susa. Vuole venderlo, anche perché danneggiato dalla guerra. L'edificio nel 1945 è acquistato dall’assistente diocesano canonico Giovanni Battista Bosso e dal presidente Aldo Morgando per un milione di lire, offerte dai soci di Ac. Riparato, in estate ospita i ragazzi che – scrive don Piovano nel libro «Dove lo Spirito soffia forte» sulla storia di Casalpina - «dopo la guerra, avevano ripreso le attività e per i quali erano già avviate le cinque giorni che si tenevano al santuario di Sant'Ignazio presso Lanzo. Erano i tempi in cui la Giac era presente in quasi tutte le parrocchie e quindi la partecipazione fu da subito molto elevata. La ripresa dell'attività risale al 1947. Dal 1956 iniziano i campi anche per i giovani di 15-18 anni. L'attività dura tutta l'estate compreso agosto, con ancora più attività, con numeri che superano le 1.500 presenze all’anno. Successive trasformazioni permettono di ospitare anche campi invernali».
Come si svolgono le «cinque giorni»? Risponde don Piovano: «Sono sempre state un punto di riferimento per le associazioni parrocchiali e vertevano soprattutto sull'approfondimento della formazione ricevuta nel cammino annuale dei gruppi associativi. Nelle giornate dei campi formativi - armoniosamente vissute tra ascolto, preghiera, riflessioni personali e di gruppo, canti, gioco, e programmate con collaudata attenzione alle varie età - si concretizza il carisma educativo tipico dell'Azione Cattolica».
Anche chi scrive ha partecipato come giovane «guardiaciurma» e ricorda con piacere gli interventi di don Giorgio Piovano, don Giovanni Barella, Ivana Preto Puppo, Paolo Chicco, Ugo Perone. Andata e ritorno con autocorriera da corso Matteotti 11. La sveglia alle 7:30 con il giornale radio diffuso nelle camerate attraverso gli altoparlanti a tutto volume.
«In me – rammenta don Piovano – che ho vissuto per un ventennio, prima come laico e quindi come prete, tutte le vicende della casa, emerge una moltitudine di ricordi e di esperienze autentiche». Accenna a due momenti di forte impegno. Il primo quando, in base al nuovo statuto dell'Ac del 1969 – voluto dal presidente Vittorio Bachelet – avviene la fusione della Gioventù italiana Azione Cattolica e della Gioventù femminile-Gf, «un momento di crescita e di adeguamento anche nella struttura dei campi formativi». Il secondo è la ristrutturazione di Casalpina per rafforzarne la struttura muraria e per adattare l'interno: «Affrontammo spese ingentissime coperte da offerte dei membri dell’Ac. Fu una grande festa con l'arcivescovo Anastasio Alberto Ballestrero. L’Azione Cattolica considerava quel luogo come sede di formazione privilegiata».
Don Piovano non è l’unico prete «prodotto» dall’Azione Cattolica e dalla Fuci. Altri esponenti sono diventati sacerdoti a Torino e altrove: Enrico Peyretti (ordinato 1964); Giorgio Piovano (1967); Antonio Amore (1974); Dario Berruto (1975); Fiorenzo Lana (1976); Jean Marcel Tefnin (1995); Enrico (Carlo Baldovino) di Rovasenda, domenicano e sacerdote (1934); Cesare Massa, presidente della Giac vercellese e direttore del settimanale diocesano «L’Eusebiano», prete (1969). Esponente dell’AC fossanese suor Gian Paola Mina, missionaria della Consolata, giornalista e scrittrice.
Pier Giuseppe Accornero